giovedì 26 maggio 2011

Faccio outing: sono una mamma chioccia

Il bello di leggere le altre mamme blogger è anche questo. A volte i post di altre mamme fanno riaffiorare emozioni e riflessioni e allora un commento non basta ad esprimerle tutte, diventerebbe troppo personale e divagando si finirebbe per dilungarsi troppo. Questa volta è questo post di Diana che mi fa tornare a scrivere.
Quando una mamma deve tagliare il cordone ombelicale con i propri figli? quando e quanto lasciarli alle cure di altre persone?
Premetto che la mia visione razionale sull'argomento è in netto contrasto con quello che poi mi è esploso nel cuore non appena ho sentito i battiti dei cuoricini dei teppisti nella mia pancia. 
Come forse ho già accennato, io, per cause di forza maggiore, sono cresciuta per la maggior parte con i miei bisnonni, che ho amato alla follia e che comunque nulla hanno tolto all'amore che nutro per i miei genitori, quindi da figlia ho vissuto un taglio decisivo del cordone ombelicale e posso dire che non ha portato traumi (o io ne sono tuttora inconsapevole). Per questo motivo, avendo già provato l'esperienza, ho sempre sostenuto che sì, anche io avrei lasciato spesso i miei eventuali figli ai nonni o ad altrui amorevoli cure in caso di necessità o anche per riposare/distrarmi. 
Ecco, appunto. Ho detto "eventuali figli". E qui mi tocca fare outing, perchè non so fino a che punto il mio vissuto abbia influenzato il mio modo di vivere la maternità. I miei teppisti sono stati a lungo desiderati, sono frutto di un percorso lento, doloroso ed estenuante, sono arrivati dopo lacrime e delusioni e punture nella pancia, dopo anni di esami e controesami, sono un sogno che si è fatto realtà quando ormai facevo fatica a continuare a crederci e a sperare. Per questo quando nell'ambulatorio della PMA mi hanno detto "signora, lei è incintissima! sono 2!" è stata gioia allo stato puro, al limite della follia. Per questo forse faccio ancor più fatica a separarmi da loro anche per poche ore. Non sento il diritto di sentirmi stanca, affranta, di lamentarmi (a parte qui sul blog, ma è la mia valvola di sfogo). Loro sono le mie meraviglie, sono stati talmente sudati che non voglio perdermi un attimo dei loro sguardi, dei loro sorrisi. Sono gelosa dei loro baci e dei loro abbracci, voglio esserci quando fanno nuove scoperte per vedere quelle espressioni buffe sui loro visini. Poi magari sclero, la sera arrivo uno straccio e per trovare il tempo di lavarmi i capelli devo incastrare ogni cosa al millimetro, ma senza di loro non ci so stare. 
Eppure tanti anche con noi hanno insistito "ma perchè non li lasciate! Qualche giorno, a dormire....così vi riposate!!". Questo fin da quando erano piccolissimi. Fin da quando ancora li allattavo. Perchè sì, fino ai 3 mesi e mezzo usavo anche il tiralatte, dopo il latte non l'ho avuto più e gli ho dato l'artificiale. Perchè l'unico modo di aiutarci pareva tenere i bambini, mentre in realtà per una mamma l'aiuto migliore è l'incoraggiamento ad accudire lei stessa i propri figli, la garanzia di un po' di intimità nel momento di allattare, una mano con tutto il resto. Ho ceduto poche volte a questo tam tam (che continua ancora oggi anche se per carità non è da mettere in dubbio la preziosa disponibilità dei nonni & C., per fortuna). Una volta è stato circa 20 giorni dopo il parto quando marito per farmi distrarre (era dalla 28esima settimana che vivevo tra letto, divano e ospedale per minaccia di parto prematuro) mi ha portato al cinema un pomeriggio a sorpresa. Risultato: ho pianto a guardare "L'era glaciale", controllavo compulsivamente il cellulare per vedere se mia mamma (che teneva i bimbi) chiamava, e sono arrivata a casa con la maglietta fradicia di latte. La seconda volta ho ceduto a mia mamma che per concedermi una notte di sonno (effettivamente erano 2 mesi che non riuscivo a dormire più di 2 ore di fila) mi ha tenuto i bimbi a dormire a casa sua. Risultato: non ho chiuso occhio e alle 6 di mattina mi sono alzata per andarmeli a riprendere. Insomma quando li ho lasciati per "riposare" come tutti intorno suggerivano è stata più una violenza che altro, non lo rifarei, anche perchè l'ho fatto soprattutto per far tacere le continue insistenze e insinuazioni di esagerazione o rifiuto di aiuto (ma è così difficile da capire che ci sono mille altri modi di aiutare una mamma?). Ovvio che desidero che i miei teppisti stiano bene anche quando io non ci sono ed è naturale che la loro rete di rapporti sociali si allargherà sempre di più (a settembre poi andranno al nido), e a volte mi capita di doverli lasciare per necessità, una visita medica, una spesa al supermercato con calma, ecc. ma non è giusto forzare i tempi o insistere sui modi, nè di una mamma, nè di un bambino. Non è giusto etichettare negativamente una mamma che ce la mette tutta e fa del suo meglio, giorno dopo giorno, per crescere i suoi figli e che con loro ci sta con piacere. Se così deve essere vado orgogliosa del mio essere Mamma Chioccia.